Sì alla legge 194, al potenziamento dei consultori, no alla proposta di legge regionale, che viola la privacy delle donne. E' questo il coro pressoché unanime di rappresentati di medici, ginecologici, operatori di consultori, sindacati, consulte femminili e associazioni di volontariato che sono stati ricevuti, il 14 febbraio scorso, dalla commissione Sanità del Consiglio regionale del Veneto in merito alla proposta di legge di iniziativa popolare intitolata "Regolamentare le iniziative mirate all'informazione sulle possibili alternative all'aborto". Alla consultazione hanno preso parte, oltre ai primi firmatari della proposta, una ventina di enti ed organismi, mentre all'esterno di palazzo Ferro-Fini un gruppo di esponenti di Telefono Donna e del Coordinamento Donne di Venezia hanno manifestato con striscioni e cartelli in difesa della legge 194 e della laicità dei servizi pubblici. La proposta di legge regionale, sostenuta da oltre ventimila firme raccolte dai volontari del Movimento per la vita, presentata nel dicembre 2004 e dichiarata ammissibile dal Consiglio regionale alla vigilia del termine della settima legislatura. Il suo iter è ripreso nell'attuale legislatura con l'approvazione, a maggioranza, da parte della commissione Sanità, il 18 ottobre scorso, e il successivo esame da parte dell'aula consiliare che, il 23 novembre, l'ha rinviata in commissione per ulteriori approfondimenti. I tre articoli del testo di legge proposto prevedono che "in ogni consultorio, nei reparti di ginecologia e ostetricia, nelle sale di aspetto e negli atri degli ospedali" sia esposto "materiale informativo dei movimenti e delle associazioni legalmente riconosciute aventi come finalità l'aiuto alle donne in difficoltà orientate all'interruzione di gravidanza". Il materiale informativo dovrà informare le donne "sui rischi sia fisici che psichici" del ricorso all'interruzione di gravidanza. Infine, il testo di legge depositato prevede che i direttori sanitari delle Ulss vigilino sulla corretta applicazione della normativa e istituisce sanzioni "per chi intralci l'operato dei movimenti e delle associazioni di volontariato". Punti che sono stati duramente criticati. La maggior parte degli interventi, infatti, ha evidenziato le divergenze dell'iniziativa legislativa popolare rispetto alla legge istitutiva dei consultori familiari, alla legge 194 sulla tutela della maternità e interruzione volontaria della gravidanza in vigore dal 1978, e alla vigente normativa sulla privacy che vieta l'accesso a personale estraneo a ospedali e servizi sanitari. "Il numero di interruzioni di gravidanza in Veneto, come in Italia, risulta essere in calo costante, ed anzi, in Veneto si abortisce meno che in altre regioni d'Italia" ha spiegato Annamaria Tormene , in rappresentanza dei ginecologi extraospedalieri (Ageo)" Le interruzioni di gravidanza sono calate soprattutto tra le donne occupate, istruite, coniugate, che si avvalgono dei servizi consultoriali. Segno che la legge 194 funziona. Del resto, il fatto che i consultori abbiano un ruolo chiave nella prevenzione è stato riconosciuto anche dal Ministro Storace. Sono invece in aumento gli aborti tra le donne immigrate, che ricorrono all'interruzione volontaria della gravidanza tre volte di più delle donne venete, questo perché sono meno informate sui metodi anticoncezionali. E permane un significativo tasso di abortività tra le adolescenti. Il Veneto - ha poi precisato Annamaria Tormene - risulta essere la prima regione in Italia per numero di Ivg dopo la dodicesima settimana di gravidanza a causa delle lunghe attese per la visita consultoriale e l'intervento ospedaliero, determinate dal fatto che l'80 per cento dei medici nel Veneto sono obiettori di coscienza e che mancano strutture private convenzionate che pratichino l'interruzione volontaria di gravidanza. L'attesa (per altro angosciosa) tra la domanda e l'intervento può durare anche quattro settimane; più si attende, maggiori sono i rischi per la salute delle donne."La proposta di legge di iniziativa popolare" ha concluso la rappresentante dei ginecologi "parte dal presupposto infondato che gli operatori delle strutture pubbliche non perseguano il loro compito primario che è quello della prevenzione degli aborti e mira ad affidare delicati compiti informativi a volontari che, oltre ad avere preconcetti, sono privi di specifiche competenze e professionalità competenti, violando così il diritto alla riservatezza delle donne, anche perché la presenza di queste persone nei reparti può alterare il rapporto di fiducia tra medico e paziente. Conseguenza inevitabile di tale iniziativa, se sarà applicata, sarà quella di screditare la sanità pubblica e di incentivare il ricorso all'aborto clandestino". Analoghe considerazioni sono state proposte da Francesco Cardin, presidente dell'Aied di Verona e da Monica De Pieri , presidente dell'Aied di Venezia, entrambi in rappresentanza di due strutture consultariali riconosciute dalla Regione e convenzionate rispettivamente con l'Ulss 20 di Verona e l'Ulss 12 di Venezia. "Anche la commissione parlamentare d'inchiesta sull'applicazione della legge 194 voluta dal ministro Storace" ha dichiarato Cardin, ginecologo clinico "ha confermato la validità della legge nazionale e la necessità di valorizzare il ruolo dei consultori. La maternità si tutela potenziando la rete dei consultori e gli strumenti di prevenzione, non facendo pressioni su donne già in difficoltà, che con sofferenza ricorrono all''extrema ratio' dell'aborto. La proposta di legge di iniziativa popolare in discussione in Veneto, invece, privilegia l'approccio dissuasivo rispetto a quello preventivo. La legge 194 propone incentivi per agevolare la collaborazione tra consultori e associazioni di volontariato per tutelare la maternità; la proposta veneta, invece, prevede pene e sanzioni per i consultori che non fanno entrare i volontari delle associazioni". Sui delicati aspetti di tutela della privacy e di rispetto della dignità della donna ricoverata si è soffermata Debora Cingano, rappresentante dell'associazione Mammeonline. "Nessun volontario" ha affermato "è idoneo a dare pareri che riguardano la salute clinica della donna e i rischi relativi alla scelta di proseguire o interrompere una gravidanza". "Contradditorio" e del tutto "anomalo" risulterebbe, inoltre , secondo Mammeonline, il "compito di polizia" affidato ai direttori sanitari delle Ulss per l'applicazione del diritto di informativa riservato ai volontari. Contraria alla libera presenza di volontari e associazioni "per la vita" negli ambulatori e nei reparti ospedalieri si è dichiarata anche l'associazione di malati di infertilità "Cercounbimbo": "No a pratiche di pressione ideologica su donne già in difficoltà, avvicinate negli atri degli ospedali o degli ambulatori di ostetricia e ginecologia" ha specificato l'avvocato Paola Juris di Cercounbimbo "sì invece all'assegnazione da parte delle Ulss di "spazi chiusi", dove i volontari possano offrire informazioni nel totale rispetto della riservatezza. Chiedo però" ha aggiunto l'avvocato Juris "che i volontari del Movimento per la vita forniscano informazioni complete anche sugli aiuti e sui sussidi previsti per le donne che decidono di portare a termine la gravidanza, specificando che tali aiuti si limitano a un milione di euro per il secondogenito e a un sussidio di 283 € mensili per cinque mesi, assegnabili esclusivamente ai genitori a basso reddito". "Ben venga ogni iniziativa che possa offrire maggiori informazioni ed elementi di consapevolezza alle donne in attesa che si trovano in difficoltà" ha esordito Salvatore Calabrese in rappresentanza dei medici ospedalieri dell'Anaao Assomed "ma l'informazione è cosa diversa dalla pressione ideologica e va svolta nei consultori e nei distretti, non nelle corsie di ospedale. E' già specifico compito del medico, codificato dalla 194" ha aggiunto inoltre Calabrese " informare adeguatamente la donna su tutte le alternative possibili all'aborto e certificare che tale percorso è stato effettuato prima di autorizzare il ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza." "Unico obiettivo di questa proposta di legge " ha affermato Maria Pia Mainardi, ex consigliera regionale della Margherita e responsabile dell'associazione di volontariato "Questa città" che gestisce lo Sportello Donna di Bassano, in collaborazione con l'Ulss 3 "sembra essere quello di riaprire un conflitto ideologico. Il progetto di legge in discussione" secondo Maria Pia Mainardi "è "inaccettabile" perché la presenza di personale volontario nei consultori mortifica il ruolo professionale degli operatori e viola la privacy delle persone ricoverate nei reparti ospedalieri. Quello delineato da questo progetto di legge" ha poi aggiunto "è un approccio informativo unilaterale e irrispettoso del ruolo dei sanitari". "Come volontari impegnati in progetti di sostegno a donne immigrate" ha dichiarato la rappresentante di 'Questa città' "viviamo soprattutto un forte senso di inadeguatezza nel riuscire a garantire aiuti certi e durevoli a chi sceglie di portare a termine la gravidanza, in quanto mancano risorse e servizi pubblici, reti di comunità, aiuti economici congrui e protratti nel tempo". Per i rappresentanti della Cgil e della Cisl veneta "il testo presentato rappresenta una grave ingerenza nella vita e nelle scelte delle donne" e va quindi "respinto" dall'assemblea legislativa veneta. "Siamo favorevoli a fare tutto il possibile" ha dichiarato Franco Lorenzon della Cisl "perché si rimuovano le cause soggettive e oggettive del ricorso all'aborto, ma siano contrari a questa proposta di legge perché appare decisamente sproporzionato il ricorso allo strumento legislativo per garantire quella corretta informazione sulle possibili alternative all'aborto che già la legge 194 prevede e assicura"."Sarebbe più utile che la Regione " ha aggiunto Rosanna Tosato della Cgil di Padova" provvedesse a potenziare la rete dei consultori pubblici, adeguandoli allo standard di uno ogni 20 mila abitanti come previsto dalla legge, dotandoli di risorse umane e finanziarie e di mediatori culturali, per fronteggiare la nuova emergenza delle donne immigrate". In difesa del ruolo dei consultori pubblici e della professionalità delle équipe interdisciplinari si sono dichiarate anche la consulta delle donne di Venezia e le associazioni "Filo d'Arianna" di Verona, "Il Melograno" e "Lybra" di Venezia, che hanno auspicato la piena attuazione dell'articolo 2 della legge 194, che già prevede la collaborazione tra servizi pubblici, formazioni sociali di base e associazioni di volontariato per sostenere le donne in difficoltà ed evitare il ricorso all'aborto. "Siamo contrari a ogni forma di contrapposizione ideologica tra consultori e Centri di aiuto alla vita" hanno dichiarato Elisabetta Torresin del Filo di Arianna e Angelica Poli dell'associazione Il Melograno "ma anche a pressioni emotive che facciano leva sui sensi di colpa delle donne: il ricorso all'aborto si può ridurre investendo di più nei consultori e introducendovi la presenza stabile di mediatori culturali". Franca Marcomin, presidente della Consulta veneziana delle donne, ha evidenziato, inoltre, come l'intervento dei volontari non incida negli ambulatori dei ginecologi privati, esenti da ogni forma di controllo, e non sia nemmeno ipotizzabile dopo la dodicesima settimana di gravidanza, termine oltre il quale l'interruzione volontaria può avvenire solo su certificazione medica che attesti gravi rischi per la salute della donna o malformazione del feto. Tiziana Valpiana del Melograno di Verona e Giuliana Beltrame del Coordinamento per la riaffermazione dei diritti e della libertà delle donne di Padova hanno sottolineato l'assoluta incompatibilità della normativa proposta con la normativa sulla privacy che tutela la riservatezza di tutti gli utenti dei servizi socio-sanitari e, in particolare, preclude l'accesso a persone estranee negli ambulatori e nelle corsie d'ospedale. Per i sostenitori del progetto di legge di iniziativa popolare l'iniziativa proposta mira, invece, a colmare un lacuna dei consultori, "più orientati " ha spiegato il ginecologo Marco Fabbri "a prevenire una gravidanza indesiderata che non a informare sulle possibili alternative all'aborto nel caso in cui la gravidanza sia già in corso. Siamo consapevoli" ha aggiunto Fabbri "che non ci sono sussidi e aiuti per aiutare le donne ad affrontare una maternità, tuttavia come volontari cerchiamo con ogni mezzo di fare qualcosa perché strutture pubbliche e associazioni private possano collaborare a favore delle donne più in difficoltà."