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Nella crisi l’artigianato veneto si tinge di “rosa”

09/03/2009
Fare gli imprenditori in tempi di crisi non è facile: cala infatti il numero di persone titolari e/o socie di imprese artigiane (-0,56% tra il 2007 ed il 2008), ma c’è una nota “rosa” che merita di essere sottolineata.

“Il bilancio delle piccole e piccolissime attività imprenditoriali –dichiara Daniela Rader Presidente regionale del Gruppo DonneImpresa di Confartigianato- nel 2008 evidenzia una inaspettata quanto piacevole crescita per le imprese guidate dalle donne rispetto a quelle con a capo uomini”.

Sulla base dei dati del Registro delle imprese delle Camere di Commercio messi a disposizione da Infocamere infatti, emerge che in Veneto, lo scorso anno, gli imprenditori artigiani si sono ridotti complessivamente dello 0,56%, le imprenditrici donne hanno invece registrato dopo molti anni una inversione di tendenza per giunta non di poco conto: +0,45%. I titolari maschi sono nel frattempo calati dello 0,8%.

Uno su cinque dei titolari e soci di imprese artigiane venete è donna (il 19,32%). Un peso quello delle imprenditrici, leggermente in crescita rispetto allo scorso anno (19,12%) anche se ancora lontano dal 20% pieno che trovavamo nel 2002.

Alla fine del 2008 erano complessivamente 38mila345 le donne alla guida di queste piccole e piccolissime imprese, presenti soprattutto nelle attività manifatturiere, nei servizi sociali e personali e nelle costruzioni, dove si concentra complessivamente il 85,5% di tutte le “poltrone” rosa rilevate dall'indagine.

Un settore da tenere in osservazione è certamente quello dell’informatica e ricerca nel quale le capitane d’impresa non solo sono cresciute in un anno del 4,46% ma le oltre 2mila e 200 imprenditrici oggi impegnate in Veneto rappresentano un terzo del totale di coloro che si occupano di questo campo innovativo.

“Il fatto che il nostro piccolo esercito resista meglio dei colleghi uomini –commenta Daniele Rader- nasconde a mio avviso un “piccolo segreto”: siamo imprenditrici ma non prescindiamo, nel lavoro, dal nostro ‘essere donne. Guardiamo al mercato globale con fiducia, decisione e capacità. Le donne sanno stare su un mercato complesso, sapendone cogliere le opportunità. Sanno competere e innovare. Le imprenditrici assumono altre donne e investono”.

“Abbiamo però bisogno –conclude Rader- di un Sistema che creda in noi e faccia nuova politica decidendo di investire nell’opportunità che il lavoro femminile è e sarà la leva di cambiamento e di ristrutturazione dell’economia nazionale. Un aumento del 10 per cento di donne al lavoro è in grado di produrre una crescita di circa 6 punti di PIL. Insomma lasciateci “crescere”. Molte donne incominciano a fare impresa solo dopo i 39 anni, e c’è un motivo: la donna deve conciliare il lavoro con la famiglia, un compito difficile in un Paese, come l’Italia, che investe poco in servizi sociali. Partiamo da queste riflessioni per dare un contributo concreto al nostro Paese”.

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