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Scadenze fiscali, studi di settore e mancanza di liquidità

21/07/2009
In Veneto solo tre imprese artigiane su dieci, risentono poco o per niente della crisi. Per le altre sette la crisi c’è: pesante (per il 36,4%) o molto pesante (31%) concentrata nel primo semestre dell’anno. A creare le maggiori difficoltà, secondo il campione di mille imprese intervistato da Aes per conto della Confartigianato del Veneto nel focus sulla crisi, sono i ritardi crescenti dei pagamenti e una impennata degli insoluti sui crediti, entrambi denunciati da oltre la metà degli artigiani. E per uscire dalla crisi le imprese pensano soprattutto a ridurre i dipendenti (il 24,%), a ridurre i prezzi dei prodotti (il 24,5%), a tagliare i costi di produzione (15,9%). Solo l’11,5% è ricorso alle banche, per chiedere prestiti, mentre il 7,8% ha rinviato gli investimenti programmati.

“La crisi, quella vera, dei numeri, si manifesta in tutta la sua pesantezza nel momento meno opportuno –commenta Claudio Miotto, Presidente regionale di Confartigianato-. Entro il 5 agosto le nostre imprese sono chiamate a pagare le tasse relative al 2008 con le casse vuote, l’accesso al credito sempre più difficile e un fisco che non sembra aver colto a pieno la drammaticità della situazione. Un combinato disposto di eventi che rischia di far estinguere una intera generazione di imprese se non viene affrontata con strumenti eccezionali. Per questo va detto con chiarezza che le imprese che risultano non congrue al proprio studio di settore, hanno il diritto di non adeguarsi automaticamente”.

L’introduzione dei tre correttivi anti-crisi sono un primo tentativo di rapportare le stime di Gerico agli effetti della crisi economica. Ma non sono l’unico strumento.

“Oggi, molto più che nel passato, -precisa Miotto- abbiamo il dovere di dichiarare il reddito vero, ma non abbiamo alcun obbligo di adeguarci al livello di congruità, indicato nello studio se riteniamo che tale livello non rispecchi la specifica realtà della nostra impresa. Deve essere chiaro che la condizione di non congruità non implica alcun accertamento automatico”.

“Ciò nonostante, -prosegue Miotto- siamo consapevoli, di come il mancato adeguamento determini un senso di incertezza per l’imprenditore, ed è per questo che la nostra associazione ha chiesto all’Agenzia Entrate di rendere noti i criteri di selezione dell’accertamento a fini studi di settore. In particolare, la circolare 13/2009, evidenzia che la selezione dei contribuenti non congrui, e non adeguati, da sottoporre ad accertamento a mezzo studi di settore, deve avvenire su tre passaggi logici: selezione dei settori di attività a maggiore rischio evasione sulla base di una analisi dei livelli di reddito e ricavi dichiarati; selezione all’interno del settore di attività dei soggetti che presentano scostamenti maggiori; incongruenze perpetrate nel tempo. Quest’ultimo punto avrà il peso maggiore, evidenziando come l’obiettivo dell’amministrazione finanziaria sia quello di verificare i soggetti per i quali il livello di incongruenza fra redditi dichiarati e capacità di spesa appare particolarmente elevato”.

Alla luce di ciò è evidente che le indicazioni provenienti dall’amministrazione finanziaria, mirano a far si che l’accertamento a mezzo studi di settore colga le situazioni a maggior rischio di evasione, in ragione anche del fatto che tra tante posizioni di non congruità solamente una piccola percentuale sarà selezionata.

Il Presidente Miotto conclude con un appello al territorio “affinché si ritrovi, nell’etica dei bilanci, quell’equilibrio che la crisi economica ha messo in discussione, solo in questo modo, già dal prossimo semestre potremmo lavorare sui dati utili alle simulazioni per il prossimo anno. Le previsioni in atto per il 2009, raccolte dai nostri uffici sul territorio infatti, segnalano una diminuzione dei ricavi significativa tra il 20-25%, se tali previsioni saranno confermate, ci troveremo nel corso del 2010 a fronteggiare due grandi problemi strategici: crisi di liquidità e percentuali altissime intorno al 70% di non congruità a fini studi di settore. Partendo da questi due fattori, condividendo comunque la metodologia di revisione dello strumento fin qui proposta, e ritenendo che lo studio di settore sia preferibile ad altre forme di accertamento sui redditi, non dobbiamo dimenticare che l’analisi dei bilanci del 2009 sarà decisiva per una adeguata e vera fotografia della crisi”.

Andrea Saviane

Roberto Brugnoli

Toni Grossi

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