Caldaiette e sicurezza: tempi più lunghi solo per i controlli sulla efficienza energetica
In questo contesto non sono ininfluenti alcune prese di posizione di Associazioni che, chi per un verso chi per l’altro, si sono premurate di evidenziare solo una parte del quadro legislativo con il quale tutti, operatori, controllori pubblici e soprattutto consumatori, dobbiamo confrontarci.
E allora mentre le Associazioni dei consumatori gridano di gioia affermando che la manutenzione ora è sufficiente farla eseguire solo ogni 2 anni per le caldaie installate da più di otto anni, ovvero ogni 4 anni per quelle installate da meno tempo, le Associazioni di categoria artigiane ricordano che per quanto concerne la garanzia che l’impianto funzioni in sicurezza, controlli e manutenzione devono essere eseguiti secondo le istruzioni emanate per iscritto da costruttore e/o dal manutentore e/o dal fabbricante del generatore di calore ( caldaia) che aziona l’impianto.
Ma chi ha ragione? si chiede legittimamente il consumatore. La risposta come spesso accade specie in Italia che è la Patria del diritto ma anche del rovescio, è: entrambi!
Perchè, è vero che per quanto riguarda gli obblighi definiti dalla legge sul risparmio energetico i controlli sugli impianti devono essere eseguiti al massimo ogni quattro anni a seconda se la caldaietta è stata installata da 0 a otto anni, ovvero ogni due anni se è stata installata da più di otto anni oppure a seconda del tipo e della sua collocazione in ambiente abitato.
E’ anche vero che per quanto riguarda la sicurezza lo stesso impianto e la stessa caldaia devono essere manutenuti secondo le istruzioni dettate dal costruttore dell’impianto, e/o dal manutentore e/o dal fabbricante di apparecchi e componenti che potrebbero dettare intervalli più ristretti tra un intervento e l’altro.
Occorre sottolineare che l’obbligo per il manutentore e/o per il costruttore dell’impianto e/o per il fabbricante degli apparecchi di segnalare in forma scritta al consumatore le modalità d’uso e di manutenzione dell’impianto, è ulteriormente e chiaramente definito dalla legge del 5 dicembre scorso ( codice del consumo) che appunto costringe giustamente i soggetti professionali a svolgere un ruolo di informazione chiara e trasparente, specie quando si ha a che fare con prodotti e/o impianti il cui uso ed il cui funzionamento possono condizionare la sicurezza delle persone che li utilizzano. Peraltro lo stesso documento finale che il manutentore deve obbligatoriamente rilasciare al consumatore al termine delle operazioni di controllo e/o manutenzione lo costringono a segnalare in modo assolutamente inequivocabile se l’impianto può essere utilizzato in sicurezza oppure no. Una dichiarazione di responsabilità che si chiede al manutentore di rilasciare e che, ancorchè sottolinei una responsabilità che in ogni caso esiste, appare estranea all’ambito di applicazione del DLgs 192/05, visto che lo stesso Ministro ed i suoi tecnici si sono più volte affannati a sostenere che il provvedimento di cui si parla riguarda solo l’efficienza energetica e non invece la sicurezza.
Ma chiedere al manutentore di sottoscrivere questa dichiarazione, richiesta dalla legge, significa imporgli di dare per iscritto una sorta di salvacondotto di sicurezza all’impianto. Orbene un adempimento di tale portata non può essere assunto da una qualsiasi impresa, anche la più scalcagnata, come un semplice orpello burocratico, perché da essa discendono precise responsabilità civili e penali in capo all’impresa ed anche agli stessi addetti intervenuti. Per questo motivo oggettivamente comprensibile a chiunque, l’operatore che la deve sottoscrivere è costretto, a propria tutela ma anche a garanzia del cliente, a dettare al consumatore tutte quelle istruzioni utili ad entrambi per definirne chiaramente la portata, la durata e le condizioni da rispettare per far si che l’uso in sicurezza dell’impianto sia garantito e fino a quando.
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