Tutela del Made in Italy
È grande l'apprensione in vista del consiglio dei ministri. La decisione di congelare le norme sul Made in Italy, paventata da alcuni esponenti della maggioranza e chiesta a gran voce dai grandi marchi della moda, potrebbe azzerare i notevoli passi in avanti in materia di tracciabilità dei prodotti e trasparenza del mercato.
“Con la legge n°99 -spiegano Parisato e Miotto– finalmente vengono inasprite le sanzioni per le false indicazioni di provenienza. Citare il paese di fabbricazione è un obbligo troppo spesso disatteso, a danno dei consumatori e delle nostre aziende. Ora che è stata fatta chiarezza si vuole però tornare indietro e tutto ciò per noi non è accettabile. Dopo l'ostruzionismo dei mesi scorsi, ora, le categorie confindustriali stanno per imporre al governo un vero e proprio colpo di spugna, un dietro front che vanifica anni di lotte da parte di chi tiene alto il valore qualitativo del vero Made in Italy. La legge c'è, è stata approvata e ora bisogna farla rispettare –sottolineano i due presidenti–, concedere un congelamento di norme in vigore da due settimane sarebbe tragicamente contraddittorio.”
“Il direttivo nazionale della Moda di Confartigianato si è riunito ieri in Veneto –annuncia Giuliano Secco, presidente regionale del comparto- ed ha plaudito il Governo, ed i Ministri Veneti in particolare, per l’approvazione della norma, contrariamente a quello che vuol far credere certa stampa. Abbiamo subito scritto un appello al Presidente del Consiglio Berlusconi affinché faccia almeno slittare di qualche settimana la discussione del congelamento per dare modo alle Organizzazioni artigiane e a molti imprenditori industriali, lontani dalle posizioni di Confindustria, di spiegare con calma la valenza e le ricadute positive di queste nuove regole. In mancanza di risposte, il direttivo si è anche detto pronto a manifestare giovedì prossimo il proprio dissenso sotto le finestre Palazzo Chigi, assieme ai colleghi della Cna e degli altri settori interessati”.
Anche Rosanna Toniazzo, presidente di CNA Federmoda Veneto, è preoccupata: “Il mercato della moda è distorto. Alcuni grandi marchi dopo aver delocalizzato la produzione continuano a fregiarsi del marchio “Made in Italy” quando di italiano hanno solo il design o il brand. Da anni siamo in prima linea per l'approvazione a livello europeo di un regolamento che renda obbligatoria l'etichettatura che indichi il Paese di provenienza delle merci extra UE. La proposta di regolamento predisposta dalla Commissione Europea il 16 dicembre 2005 va in questa direzione, ma l'opposizione di diversi Stati membri ostacola l'adozione della norma da parte dell'UE. In questo contesto si è fatto strada il sistema di tracciabilità volontaria delle produzioni moda ITF (Italian Textile Fashion), che sosteniamo con forza. Le nostre istanze interessano non solo le 7.500 aziende venete del comparto moda, ma anche i settori del legno, mobile, occhialeria e meccanica per un totale di 36mila aziende venete. Il nostro lavoro di rappresentanza e la professionalità di queste aziende rischia di essere vanificato per motivi poco chiari.”
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