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Mc Donald’s fa guerra a “Mc Bun” di allevatore piemontese

15/10/2009
Ha chiamato la sua attività, dove serve agri-hamburger fatti con carne di vitello di razza Piemontese, “Mac Bün” – in dialetto “solo buono” –, ma ora si è visto diffidare dal Mc Donald’s con la scusa che il nome ricorderebbe il marchio della multinazionale americana. E’ la storia di un allevatore della Coldiretti al quale il colosso statunitense ha deciso di muovere guerra. Graziano Scaglia, 39 anni, allevatore di Rivoli che già aveva avviato uno spaccio aziendale per la vendita diretta dei suoi prodotti, ha deciso di aprire una “agri-hamburgeria” nel centro del paese, dove proporre panini fatti utilizzando solo carne degli animali proveniente dalla propria azienda, oltre a verdure e formaggi rigorosamente prodotti dalle imprese agricole del territorio, pane artigianale e vino del Monferrato. L’idea ha subito riscosso un buon successo - evidenzia la Coldiretti -, con una vendita di 300 hamburger al giorno, serviti con formaggio piemontese fuso.

Un ottimo esempio di filiera corta e una alternativa intelligente ai fast food tradizionali nei quali si serve cibo anonimo e indifferenziato - sottolinea Coldiretti -, garantendo trasparenza ai consumatori, reddito agli agricoltori e occasione di sviluppo economico per l’intero territorio. Al momento però di depositare il nome della sua attività – Mac Bün Slow Fast Food –, l’allevatore piemontese ha ricevuto - spiega la Coldiretti - una lettera dei legali della multinazionale con la quale si intimava di ritirare la richiesta in quanto il nome “Mac Bün” ricorderebbe troppo il marchio McDonald’s. L’allevatore si è difeso spiegando che il termine da lui scelto appartiene al dialetto piemontese e viene utilizzato solitamente proprio per riferirsi al cibo genuino, “solo buono” appunto. In attesa di dirimere la questione e inaugurare ufficialmente la sua agri-hamburgeria - rileva la Coldiretti - Scaglia ha per ora deciso di “censurare” il logo che identifica il locale, sostituendo le lettere “ac” di “Mac” con due asterischi.

L’idea dell’allevatore piemontese - aggiunge Coldiretti - è un ottimo esempio delle possibilità dell’impresa agricola di accorciare i passaggi all’interno della filiera e di offrire ai consumatori un prodotto sano, di qualità, agricolo e al cento per cento italiano. Obiettivo che è al centro del progetto per una filiera agricola tutta italiana lanciato da Coldiretti per tagliare le intermediazioni e arrivare a offrire attraverso la rete di Consorzi Agrari, cooperative, farmer market, agriturismi e imprese agricole cibi totalmente italiani, firmati dagli agricoltori, al giusto prezzo il cui argomento è al centro del Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione in corso a Cernobbio.

La speranza dell’allevatore piemontese è ora quella di poter vincere la battaglia contro la multinazionale. Magari come accaduto in Puglia, dove una “focacceria” tipica ha costretto un grande fast food straniero alla chiusura, tanto da diventare soggetto di un film.

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