Stop alla caccia di uccelli protetti in Lombardia
Sulla caccia, era già in corso un procedimento nei confronti di varie regioni italiane, tra cui Emilia Romagna e Lombardia, che hanno concesso deroghe non conformi alla normativa UE. Questa volta, la Commissione ha deciso di intervenire con urgenza contro la Lombardia chiedendo la revoca immediata di una nuova legge regionale che, fino al 31 dicembre 2009, consente la caccia di quattro specie protette, il fringuello, la peppola, la pispola e il frosone che provoca danni irreversibili sulle specie.
A livello comunitario la caccia è disciplinata dalla direttiva del 1979. Nonostante il divieto generale di uccisione degli uccelli selvatici, la normativa UE consente la caccia di alcune specie, fuori dai periodi critici della riproduzione o della migrazione. La stagione venatoria è stabilita a livello nazionale e varia in funzione delle specie e dell'ubicazione geografica. In via eccezionale i paesi UE possono consentire la cattura o l'uccisione di uccelli protetti al di fuori del periodo venatorio normale, per alcuni limitati motivi e solo in mancanza di soluzioni alternative. Nel 2004 è stato, inoltre, firmato un accordo storico sulla caccia sostenibile tra i cacciatori e associazioni ornitologiche di tutta l'UE.
In un'altra causa, sempre legata alla normativa di protezione ambientale, la Commissione europea si è rivolta alla Corte di giustizia perché l'Italia non ha rilasciato o non ha aggiornato le autorizzazioni per centinaia di impianti industriali. La direttiva violata è quella sul'inquinamento prodotta dalle emissioni industriali nell'aria, nelle acque e nel suolo. Secondo questa norma, i paesi UE avrebbero dovuto rilasciare entro ottobre 2007 nuove autorizzazioni, o riesaminare quelle esistenti per tutti gli impianti industriali in funzione prima del 1999.
Sulle due questioni, il Commissario UE all'ambiente, Stavros Dimas, ha dichiarato: "Gli Stati dell'UE devono seguire correttamente le norme per la conservazione delle specie ornitologiche per evitare la perdita di biodiversità. La normativa sull'ambiente naturale consente alcune deroghe in casi molto limitati, solo se non esiste una soluzione alternativa e purché vengano rispettate condizioni rigide. Sugli impianti industriali, invece, non è accettabile che le imprese continuino a svolgere le loro attività senza le autorizzazioni necessarie a ridurre al minimo le emissioni inquinanti, che hanno conseguenze sulla salute umana e sull'ambiente".