Dossier: la Cina potrà clonare i nostri prodotti tipici
Secondo i due ricercatori del Centro di Genomica Funzionale dell’Università di Verona, Massimo Delledonne e Mario Pezzotti: “Il pericolo cinese è reale e andrà a incidere significativamente nei prossimi anni sul nostro export agroalimentare. È quindi necessario incrementare l’attività di ricerca presso i nostri centri di eccellenza e successivamente trovare le formule idonee per proteggere il DNA delle nostre tipicità”.
Il Beijing Genomic Institute, principale centro cinese di ricerca ha da poco annunciato di voler sequenziare 1000 genomi (500 animali e 500 vegetali) nei prossimi due anni grazie ad un finanziamento statale di 100 milioni di dollari. L’Istituto ha già sequenziato il DNA del riso e del melone (ma anche il genoma del Panda, mentre sta lavorando su quelli dell’Orso polare e del Pinguino).
Secondo l’Università di Verona le ricadute di questa massiccia attività di ricerca biotech sul business agroalimentare è enorme: una volta in possesso delle “chiavi” della vita dei nostri prodotti, individuato il microclima ideale e adottate le nostre tecniche di produzione, il passo verso la concorrenza sui mercati mondiali, attuata “clonando” scientificamente il made in Italy è immediato.
“I freni posti all’innovazione biotecnologica e alla ricerca sugli Ogm si rivelano sempre più deleteri per la nostra competitività - sottolinea Confagricoltura - soprattutto ora che le produzioni tipiche italiane, su cui si vorrebbe far totale affidamento per la politica commerciale agricola nazionale, potranno essere duplicate da uno dei primi colossi economici del mondo”.
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