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Che cosa nutre i nostri bambini?

13/05/2010
Ripartono da Conegliano gli ultimi delegati tra i 30 stranieri giunti da 22 Paesi europei per confrontarsi sulle tematiche dell’infanzia CHE COSA NUTRE I NOSTRI BAMBINI? Un convegno promosso da ECSWE (European Council for Steiner Waldorf Education), con il sostegno della Comunità Europea e il patrocinio di Conegliano, volto a sensibilizzare la Commissione Europea sull’importanza del nutrimento nell’infanzia non solo dal punto di vista fisico, ma anche mentale ed emotivo.

“Cosa c’è di sbagliato nei nostri bambini? Molte cose. Il problema principale, almeno in Europa, non è più la denutrizione, semmai un eccesso di cibo. Spesso nemmeno di buona qualità. – spiega Christopher Clouder, Direttore Generale dell’European Council for Steiner Waldorf Education, associazione no-profit che rappresenta 650 scuole in tutta Europa – A ciò si aggiunga un eccesso di tecnologia e una sovraesposizione ai media cui sono soggetti i nostri bambini. Le conseguenze? Crescenti fenomeni di autismo, iper-attività, disturbi della concentrazione, allergie, intolleranze alimentari, asma e obesità. L’elenco non è esaustivo, perché i danni inferti ai bambini sono molti e spesso gravi, tanto che si è arrivati a coniare il termine toxic childhood, letteralmente infanzia tossica, per riferirsi ai disagi che il cosiddetto mondo moderno riserva ai bambini”. Problema, ovviamente, non solo alimentare, che secondo il luminare inglese è comune a tutti i Paesi dell’OCSE.

Nessun educatore, genitore o insegnante che sia, è esente dal fare errori: soddisfare tutte le esigenze di un bambino è compito arduo, se non impossibile. Allora, che fare?

La risposta sta in una ricetta apparentemente semplice che giunge in maniera univoca da tutti i relatori presenti. E parte da tre ingredienti, che sono altrettanti assunti: 1) I bambini che vengono trattati con rispetto imparano a nutrire rispetto per gli altri; 2) I bambini che ricevono attenzione, sono in grado di offrirla al prossimo; 3) I bambini a cui non viene violata l’integrità, non violano l’integrità altrui. Caratteristiche, queste, che si ritrovano anche nel soggetto una volta diventato adulto.

Il tutto elaborato dall’intenzionalità ossia dalle motivazioni profonde che spingono l’educatore ad occuparsi del fanciullo. Se sono sincere e orientate al bene, il bambino lo avverte e questa autenticità di sentimento diventa capace di colmare eventuali errori nell’approccio educativo. Perché i giovani, specie quelli delle ultime generazioni, hanno un estremo bisogno di essere riconosciuti come esseri umani e possiedono una straordinaria capacità di avvertire quel che suona falso. Ultimo ingrediente, ma non certo per importanza, l’amore, finalmente riconosciuto dalla scienza ufficiale come elemento imprescindibile per un equilibrato sviluppo anche sul piano fisico. Recenti indagini biologiche evidenziano come i bambini deprivati dell’amore sviluppino patologie al cervello.

“Serviva un convegno internazionale per imparare l’importanza del rispetto verso i più giovani?” È la disarmante domanda, solo apparentemente ingenua, del Maestro Sabino Pavone, Vice Presidente delle scuole Waldorf italiane. Alla quale risponde: “Oggi come oggi, certamente. Perché le richieste che giungono dal mondo giovanile sono sempre più impellenti. Chiediamo ai giovani comportamenti etici ma offriamo loro, quotidianamente, modelli di disvalore. Questa incongruenza ha un costo. I ragazzi, triste a dirlo, sono sempre meno attaccati alla vita. Mettere a repentaglio, la propria e l’altrui, solo per noia, non è più liquidabile come episodico, ma corrisponde a un vero fenomeno sociale”.

“Dobbiamo proteggere i nostri figli operando delle scelte e assumendoci delle responsabilità. Questa la via maestra per un’educazione alla libertà” – sostiene Sergio Maria Francardo, medico antroposofo. “Messaggi ambivalenti, cedimento all’omologazione della società televisiva e della tirannia dei media, portano il sistema immunitario del bambino all’indebolimento; esso ha bisogno delle nostre scelte per poter distinguere ciò che va bene per il suo organismo da ciò che va respinto e questo vale per i coloranti delle merendine come per certi messaggi dei media”.

“Il fatto che il grano –alimento principe dell’umanità per millenni, sia diventato una delle maggiori cause di intolleranza, la dice lunga sugli effetti di questa modernità – sostiene Fabio Brescacin, a.d. di EcorNaturaSì maggior distributore bio in Italia, riferendosi alla rivoluzione verde segnata dall’ingresso della chimica nell’agricoltura con l’introduzione di fertillizzanti, diserbanti, antiparassitari e le sementi ibride frutto di manipolazioni genetiche. “Queste innovazioni hanno sì alleviato il duro lavoro dell’agricoltore. Hanno anche portato un aumento di produzione: ma solo in termini quantitativi, a scapito della qualità nutrizionale, del sapore dei cibi e della salubrità degli stessi. A questo si aggiunga che l’agricoltore è stato svilito, annichilito nella sua creatività dai rigidi protocolli delle multinazionali. Ora il lavoro è più facile, ma sotto il profilo umano non regala soddisfazioni. Qui sta il motivo di tanta disaffezione a questa attività. Per non parlare della poesia del paesaggio tradizionale agricolo, ora annientato dalle coltivazioni estensive. L’obiettivo dell’agricoltura biodinamica è trovare un punto di conciliazione tra il progresso, pur necessario, e la valorizzazione di un’agricoltura che sappia nutrire anche lo spirito dell’agricoltore. La soluzione venne offerta dallo stesso Steiner nel 1924, in un ciclo di 8 conferenze tenute ai lavoratori di un’azienda agricola in Germania. Da allora si può dire abbia avuto origine l’agricoltura biodinamica, madre dell’agricoltura biologica nata solo 30 anni dopo come semplificazione della prima”.

“Oggi, - ci assicura Brescacin - c’è un grande lavoro, diffuso in tutta Europa, di ricerca e selezione sementi (frumento, farro, ortaggi, ecc.) teso a ottimizzare le produzioni equilibrando qualità e quantità. Significativo il fatto che tali ricerche siano condotte “on the farm” letteralmente “sul campo”. E non da chimici, ma da coltivatori della terra ben lontani dal mondo asettico dei laboratori di ricerca. Certo è poca cosa rispetto al potere delle multinazionali, ma fa ben sperare”. Conferma ne sia che i giovani si avvicinano con entusiasmo all’agricoltura biologica.

In questo quadro va evidenziato anche il ruolo del consumatore finale e all’importanza delle sue scelte, attraverso le quali il singolo cittadino è in grado di orientare il mercato innescando un circuito virtuoso che parta dalla ricerca e produzione per arrivare sui banchi della spesa nel rispetto della salute e dell’ambiente. Avere un mondo migliore si può. E’ necessario continuare a pensarlo.

L’avvio lavori è stato anticipato dagli indirizzi di saluto del vice presidente della Provincia Floriano Zambon, da Alberto Maniero, sindaco di Conegliano e da numerose testimonianze di solidarietà arrivate per iscritto: dal Governatore Zaia a molte personalità del mondo politico, compresi gli auspici giunti da vari Ministeri.

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