Le pensioni, tematica chiave per l'Europa
Il documento di fine mese non conterrà una proposta sulle pensioni, per vari motivi. Un Libro verde, per definizione, è un documento di consultazione: esso lancerà quindi un dibattito, si spera il più aperto possibile. Il punto è come garantire il principio generale, valido per tutti i 27 Stati membri: avere sistemi pensionistici adeguati e sostenibili dal punto di vista delle risorse pubbliche. La Commissione europea non fissa l'età delle pensioni. Questo, insieme ad altri aspetti del sistema pensionistico, rimane di competenza dei singoli Stati.
Attualmente, questi sistemi sono sotto pressione a causa dell'invecchiamento demografico e dell'impatto della crisi economica e finanziaria. Nel 2008 c'erano nell'UE quattro persone in età lavorativa (compresa cioè tra 15 e 64 anni) per ogni cittadini con più di 65 anni. Entro il 2060 questo rapporto sarà soltanto di due a uno.
Il metodo per assicurare che il sistema delle pensioni sia adeguato e sostenibile, adesso e in futuro, è avere più persone che lavorano e lo fanno più a lungo. Questo concetto è in linea sia con il patto di stabilità che regola la moneta unica, sia con la nuova strategia "Europa 2020" per lo sviluppo economico e l'occupazione, che fissa come obiettivo un tasso di occupazione del 75%.
Ciò non significa necessariamente l'innalzamento per legge dell'età pensionabile, ma piuttosto assicurare che le persone stiano più a lungo sul mercato del lavoro. L'età media effettiva della pensione in Europa – quella cioè in cui le persone lasciano effettivamente il mercato del lavoro – è di 61,4 anni. Questo significa che in molti Paesi d'Europa, Italia inclusa, le persone si ritirano dal lavoro prima dell'età prevista dalle norme.
Quanto al caso dell'Italia, va ribadito che il nocciolo della questione – e la legislazione europea di riferimento che ha portato alla procedura d'infrazione – non è tanto il sistema pensionistico, quanto la discriminazione nel trattamento sull'accesso al mercato del lavoro, e sul concetto di parità retributiva, prevista dal Trattato di Lisbona all'articolo 157. Nel mirino dal 2005 in particolare e il regime applicabile ai funzionari pubblici italiani gestito dall'INPDAP, l'istituto di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, discriminatorio poiché applica alle donne e agli uomini età pensionabili diverse.
Il periodo di graduale applicazione di otto anni previsto dall'attuale legge italiana (il pieno regime si raggiunge nel 2018) è considerato troppo lungo dalla Commissione europea, che ha ribadito l'inizio del 2012 come data limite per l'applicazione delle nuove norme.