Donne prete: delitto gravissimo contro la fede
Il tutto, tradotto con le parole di chi non è avvezzo al linguaggio della Chiesa Cattolica, sembra suonare ancora e sempre come un sinistro avvertimento: donne, non sogniamoci minimamente di scalare, anche se pie e devote a Dio, i gradini della casa ecclesiastica!
Noi, proprio per la nostra insita natura peccaminosa (e chi può scordarsi la tentatrice Eva?) non potremo mai aspirare a diventare preti, non dobbiamo nemmeno pensare che l’appartenere al genere femminile ci faccia degne di officiare una messa, alzare l’Ostensorio o fare una predica ai fedeli.
Noi non siamo a immagine e somiglianza di Dio, noi apparteniamo all’altra metà dell’Inferno, altro che Cielo!
E proprio all’inferno, quando ci andremo, troveremo i pedofili, sì, proprio quegli esseri immondi che con la violenza, l’inganno e l’infamia, segnano per sempre le vite dei figli che NOI partoriamo. Ma, per loro, il peccato, per quanto esecrabile, è un delitto solo un po’ più grave delle nostre malefatte!
Essere ancora oggi considerate portatrici di delitti gravissimi - come la richiesta di sacerdozio - ci dovrebbe far ulteriormente riflettere su quali mali dovremmo davvero estirpare per ritrovare la dignità, il rispetto, l’autorevolezza del nostro genere.
Questi retaggi medievali, questo vedere e far vedere il corpo (e in questo caso anche lo spirito) della donna come una cosa immonda, dovrebbe farci inorridire.
Fino a che uomini (ancorché si dicano portatori della parola di Dio) si permettono di scrivere tali norme come precetti, la nostra vita, il nostro stesso esistere sarà pregiudicato. Tali e troppi sono i delitti contro le donne: omicidi, stupri, violenze, prevaricazioni. A ormai troppi uomini -e su questo le eminenze ecclesiastiche dovrebbero davvero fare un profondissimo esame di coscienza - non servono ulteriori armi: i coltelli, le pistole, i pugni, se li portano già da casa.
Cristina De Rossi