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Premio Trabucchi alla Passione Civile

07/09/2010
Premio Trabucchi alla Passione CivileTutto è iniziato con Marco Paolini a cantare “Nina” di Gualtiero Bertelli con i musicisti Lorenzo Monguzzi, Roberto Boarini, Gianluca Casadei e Matteo D’Agostino. Ha preso il via nel segno della musica la giornata clou della quarta edizione del Premio Trabucchi alla Passione Civile, consegnato alla giornalista Milena Gabanelli e alla redazione di Report, rappresentata per l’occasione da Sabrina Giannini, Stefania Rimini e Bernardo Iovene.

Al padrone di casa, il prof. Giuseppe Trabucchi, il compito di riferire la motivazione del premio assegnato alla giornalista piacentina e alla sua redazione dalla giuria, composta da Giuseppe e Raffaella Trabucchi, Ascanio Celestini, Marco Paolini e Michela Signori, Gino Strada, Enrico Faccio. E davanti a quasi 1.500 persone, Trabucchi ha sottolineato ogni parola: “Per la loro intelligenza comunicativa, per la volontà di sapere, ancor più della curiosità, capaci di porre a distanza le cose, guardando in profondità la realtà e il suo significato. Per la loro attività di tutela e accrescimento della democrazia, in difesa da chi, senza bisogno di operare alcuna coercizione sull’elettore, può ottenere il successo, attraverso la semplice soppressione del dibattito pubblico e della libertà di informazione. In una società e in una cultura dove sembra di vivere solo tra situazioni sconcertanti, in cui gli uomini sono attori come fantocci, marionette, automi, Report ci pone un orizzonte in cui la società e i cittadini possono muoversi nella direzione di un cambiamento attivo, coscientemente voluto (…)”.

Interpellati da Massimo Cirri di Caterpillar (RadioDue) e dai mattatori della giuria, i giornalisti di Report hanno raccontato il senso del proprio lavoro. “Questo non è un buon periodo per l’informazione – hanno spiegato -, ma ti spinge la passione che porta ad un senso di riscatto e a far prevalere la necessità di equità”. Dunque nessuna vocazione al martirio (delle cause civili milionarie), ma una passione che non si ferma di fronte ai compromessi. “Siamo avvantaggiati perché non siamo giornalisti di settore, noi non torniamo il giorno dopo nel mondo che abbiamo appena scandagliato con le nostre inchieste. E poi le nostre inchieste sono lunghe 4-5 mesi e oggi in Italia sono pochissimi i colleghi che possono permetterselo”.

Alla fine di Report, però, molti si trovano indignati e sfiduciati, ma non sembra che cambi il mondo o qualcuno si dimetta – ha rilevato Cirri. “Succede sempre qualcosa – replica Gabanelli -. Alla fine di ogni puntata che fa emergere elementi nuovi si apre un’indagine, a volte ci sono interrogazioni parlamentari. Ma se ci guardano in media 3 milioni di spettatori, succede senza dubbio che quelli hanno visto una cosa che non sapevano e possono cambiare i propri comportamenti: rispetto alla salute o all’alimentazione, all’energia o agli investimenti. L’errore in cui però si incorre più spesso è la rassegnazione di chi delega sempre ad altri la soluzione dei problemi”. E ha aggiunto: “Mi fanno incazzare la rassegnazione e la pigrizia di fondo che non portano a cambiare nulla. Perché accade? Credo perché siamo un Paese vecchio e i vecchi vedono solo i problemi, dimenticano le passioni. Ma per inventare soluzioni nuove, per progettare il futuro devi avere energie e passioni”.

Alle parole forti e senza mezzi termini della Gabanelli e dei giornalisti di Report ha aggiunto il proprio contributo Gino Strada, collegato in diretta telefonica con l’evento di Illasi. “Credo che tutti abbiamo il dovere morale di non star zitti e di non negare la verità. Se il 41 per cento delle vittime nelle guerre sono bambini, abbiamo il dovere di chiederci che senso hanno le guerre. E credo ci sia un legame stretto tra operare per salvare una vita e raccontare la verità”.

La redazione di Report ha colto l’occasione del premio veronese per ricordare che la trasmissione tornerà in onda il 17 ottobre.

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