Delirio, ossessione, bizzaria. Questo è il cinema di David Lynch, maestro assoluto dell’avanguardia cinematografica. Quest’ anno il Festival del Cinema di Venezia consegna a lui l’ambito Leone d’oro alla carriera. Dove risiede la chiave di lettura dell’opera di Lynch? Forse nel contrasto stridente tra il suo essere profondamente americano (nato nel Montana nel ’46 da un padre funzionario governativo) e al contempo essere profondamente influenzato dalla cultura artistica europea. Oltre a ricevere il prestigioso riconoscimento alla carriera, Lynch sbarca al Lido per presentare il suo nuovo film “INLAND EMPIRE” (le lettere tutte maiuscole sono una sua precisa volontà). Girato tra Los Angeles e la Polonia, il film è interamente realizzato in digitale. Il regista lo ha descritto come “un mistero su una donna in pericolo” senza voler rivelare altri particolari, se non che si tratta di un nuovo esperimento girato senza la presenza di un copione costruendo le scene una dopo l’altra in base alle precedenti. Lynch conferma così una vocazione, lunga un’intera carriera e costellata da alti e bassi, per la sperimentazione cinematografica ed il rifiuto di qualsiasi briglia operativa da parte di produttori e finanziatori. Un’indipendenza che gli ha certamente permesso di aprire continui squarci nell’animo umano.