Alluvione nel Veneto: lettera aperta ai giornalisti italiani
Come giornalisti agroalimentari ed ambientali di Veneto e Trentino Alto Adige siamo avviliti e sbalorditi di fronte alla sostanziale disattenzione, con cui, a livello nazionale, si sta seguendo il dramma delle migliaia di sfollati (un termine, persino, desueto) veneti a seguito di un alluvione peggiore che nel '66. Sulle prime pagine dei quotidiani (non quelli locali), nella migliore delle ipotesi, c'è solo un richiamo; nelle pagine interne, i pezzi si fanno con le agenzie; ci si affida ai collaboratori locali, non ci sono inviati (almeno fino ad oggi); i servizi radiotelevisivi non sono in apertura; i talk-show (salvo qualche encomiabile eccezione) parlano d'altro. Eppure, qui, c'è un esodo di persone costrette a cercare ospitalità da amici e parenti o in ricoveri d'emergenza. Chiunque abbia vissuto l'incidente domestico della rottura di un tubo, sa cosa vuol dire avere una perdita d'acqua in casa; provate a pensare abitazioni, negozi, case rurali invase dall'acqua per giorni... e poi ci sono gli scantinati, che spesso raccolgono le memorie di una vita.
Professionalmente mi occupo, da anni, di comunicare i temi legati alla salvaguardia idrogeologica (sono Responsabile Comunicazione dell'Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni) e quindi so a quanti colleghi ho indicato situazioni di emergenza e quanti ne ho accompagnati in occasione di eventi calamitosi. Qui, invece, sul Veneto, è evidente un'ingiustificata incomprensione nazionale della tragedia. Eppure, con tutto il rispetto, non è franato un versante scosceso: si è allagata una città come Vicenza ed è stata messa in ginocchio una delle aree economicamente più vivaci del “mitico” Nordest (senza dimenticare le vittime). Vorrà pure dire qualcosa?
Ma quale colpa hanno i veneti per meritare questo ostracismo? A Roma, tra il serio ed il faceto, mi hanno detto che è perchè non sono “piagnoni”. Allora è bene che si sappia: il Veneto si rimbocca le maniche, ma piange il proprio dolore ed è più amaro degli altri. Se davvero crediamo in un Paese unitario, aiutateci a farlo capire.
Fabrizio Stelluto
Presidente A.R.G.A.V.
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