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Paradisi fiscali: non basta un fax per fare una società

31/01/2011
Perché pagare provvigioni più salate a intermediari dell’Isola di Man, quando sarebbe stato più conveniente rivolgersi direttamente a operatori attivi in Irlanda e Grecia? È questa la domanda che si sono posti gli ispettori dell’Agenzia delle Entrate impegnati in una verifica nei confronti di una nota multinazionale. E i giudici tributari hanno confermato i loro dubbi, condannando la società a rifondere 2,7 milioni di euro tra Irpeg, Irap e sanzioni per la sola annualità 2003.

La Commissione tributaria regionale di Venezia ha confermato quindi la sentenza della Ctp di Treviso e stabilito che occorre verificare l’effettività delle operazioni sottostanti, non in astratto, ma con riferimento alla reale operatività dei soggetti che hanno beneficiato dei pagamenti (cioè le società black list).

“Scatole vuote” per intermediari – A insospettire i funzionari dell’Agenzia delle Entrate, la particolare “organizzazione” dei presunti intermediari. Solo un fax a simulare lo svolgimento di una attività economica. Quelle che dovevano essere vere e proprie società attrezzate, sono in realtà scatole vuote senza un’effettiva operatività. Difficile anche solo risalire all’esatta compagine proprietaria, dato che operavano in paesi “non collaborativi” con le Autorità tributarie italiane.

Altri analoghi accertamenti per importi multimilionari sono stati emessi per l’annualità 2004, attualmente in discussione davanti alla Commissione tributaria provinciale di Venezia, e l’annualità 2005. Mentre sono in fase di lavorazione analoghe contestazioni riguardanti i periodi 2006-2007.

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