Debutto della biodiversità veneta nella capitale
Perché chi non ha mai detto almeno una volta “col tempo maturano anche le nespole” senza sapere magari che questo frutto ha proprio bisogno di passare qualche mese tra la paglia prima di essere pronto per essere mangiato.
E quella frase usata per esprimere un particolare momento romantico come “sono in brodo di giuggiole”? Ebbene niente di nuovo per i coltivatori di Arquà Petrarca in provincia di Padova che attribuiscono ad una vecchia leggenda questo modo di dire secondo la quale il sommo poeta che qui ha vissuto scriveva versi rapito d’amore.
Grado di parentela lontano rispetto a quello più famoso, non per questo meno importante, soprattutto raro come i suoi semi è il “radicchio di cavin o di troso” dipende da dove viene raccolto (cavin nel dialetto padovano o vicentino sta per capezzagna come identico è il significato del trevigiano “troso”).
Stessa storia per il miele di barena, particolare area lagunare sempre più compromessa dal flusso dei motoscafi, che per la presenza di piante autoctone offre alle api fiori dal nettare insolito.
Non c’è bisogno di setacciare in lungo e largo tutta la regione per imbattersi in queste prelibatezze. Lo sa bene chi frequenta i circa 90 mercatini agricoli della Coldiretti che può scovarle tra le oltre 250 bancarelle di Campagna Amica. Sono le chicche della biodiversità veneta. Ognuna di loro appartiene ad una stagione, ma può essere anche conservata e trasformata. Quel che serve sapere è che ognuna di loro ha anche un indirizzo preciso e la garanzia del volto di un agricoltore custode: Rinaldo Zambellin detto il “cencio” nell’alta padovana ha ancora gli arbusti di Nespolo, Loris Bressanin sui Colli Euganei gli alberi del Giuggiolo, Carlo Meggiarin nel vicentino raccoglie per la vendita diretta il radicchio di campo le cui sementi sono tramandate da padre in figlio e l’apicoltore veneziano Giancarlo Montagner porta a spasso nella laguna minore, quella meno conosciuta, i suoi sciami.
Un tempo produzioni comuni, sacrificate da attività agricole più redditizie, ora non hanno più un preciso interesse economico. La straordinarietà sta nelle persone che le tutelano gli unici in grado di svelare i segreti di una cultura senza età anticipando a volte insospettabili verità: ad esempio la nespola che era presente negli orti dei conventi per fare elisir e decotti è ora ingrediente principe per alcuni brandy e liquori di fattura industriale.
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