Mostra del Cinema: Premio Doc a “When the leeves broke”
Sarebbe un errore definire “When the leeves broke”(“Quando gli argini si spezzano”) un reportage sull’uragano Katrina: il documentario nasce in realtà con intenzioni ben diverse, con l’intento di far capire come la devastazione di una grande città degli Stati Uniti non sia in realtà da attribuirsi all’uragano bensì alla rottura dell’inadeguato sistema di argini della città che ha causato l’inondazione e la morte di migliaia di persone.
“Mi trovavo a Venezia lo scorso anno quando alla tv vidi le immagini di ciò che stava accadendo a New Orleans” – ha affermato lo stesso Lee durante la conferenza stampa – “I mass media mostravano solo popolazione nera che tentava di salvarsi nelle aree più devastate della città, mi sono sorpreso quando ho scoperto che anche i quartieri bianchi erano stati colpiti”. Forse per questo sono in maggior parte afroamericani i testimoni scelti da Spike Lee per raccontare le loro esperienze durante quei giorni e nei mesi a venire; il documentario lascia però spazio anche a voci diverse, che vanno dal sindaco di New Orleans al governatore della Louisiana, dai militari che sono giunti a guidare le operazioni di soccorso al regista e attore Sean Penn corso ad aiutare la popolazione colpita dalla sciagura.
All’interno della 63° edizione della Mostra del Cinema un altro film ha trattato uno dei momenti più terrificanti della recente storia degli Stati Uniti, “World Trade Center” di Oliver Stone, un film di finzione basato sulle testimonianze di due poliziotti sopravissuti sotto le macerie al crollo delle torri gemelle. E’ possibile un paragone tra queste due opere? “Non è giusto paragonare il documentario alla fiction” – ha ammesso Spike Lee – “Avrei potuto anche io fare un’opera di fiction ma non sarei riuscito a trovare nessun attore all’altezza di raccontare ciò che hanno vissuto quelle persone. Volevo che il film fosse un mezzo per permettere a chi è rimasto di offrire la propria testimonianza senza una sceneggiatura predefinita”.
Ancora una volta il regista affonda il colpo nelle piaghe nascoste della società, in quegli strati sociali che i governi non riconoscono come propri, e lo fa dedicando duecentocinquantacinque minuti alla voce della popolazione povera degli Stati Uniti d’America.
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