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Ridurre il rischio, difendersi dall’acqua

17/02/2011
Ridurre il rischio, difendersi dall’acquaE’ nato, a Roma, un “tavolo operativo” sulle questioni della difesa idrogeologica del territorio. Si può sintetizzare così l’obbiettivo raggiunto dall’incontro-dibattito “Ridurre il rischio, difendersi dall’acqua” organizzato, a Roma, dall’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni. I lavori, coordinati dalla conduttrice televisiva, Eleonora Daniele, sono stati aperti da Roberto Weber, presidente SWG, che ha presentato le risultanze del primo rapporto sulla percezione del “rischio da calamità naturale”. Quindi è toccato al presidente A.N.B.I., Massimo Gargano, illustrare l’aggiornato Piano per la Riduzione del Rischio Idrogeologico (ne riportiamo sotto un’ampia sintesi). Quantomai qualificato il parterre degli ospiti, che si sono succeduti nell’intensa mattinata di lavoro: Amedeo Gerolimetto (Capo Segreteria Tecnica Ministro Politiche Agricole Alimentari e Forestali), Marco Lupo (Direttore Generale Ministero Ambiente), Daniele Belotti (Assessore Urbanistica Regione Lombardia) Michele Trematerra (Assessore Agricoltura Regione Calabria), Bernardo De Bernardinis (Direttore I.S.P.R.A.), Nicola Dell’Acqua (Soggetto Attuatore Struttura di Missione Protezione Civile), Francesco Puma (Segretario Generale Autorità di Bacino Fiume Po), Vittorio Cogliati Dezza (Presidente Legambiente). Due gli elementi comuni agli interventi: la necessità di una regia unitaria per la gestione del settore e di una maggiore sensibilità della classe politica verso i temi della salvaguardia del territorio. A concludere i lavori è stato il Direttore Generale A.N.B.I., Anna Maria Martuccelli, che ha ribadito la necessità della prevenzione idrogeologica e di una nuova disciplina sugli usi del territorio “La pianificazione – ha continuato Martuccelli – deve avvenire sulla base del bacino idrografico e deve interessare sia il suolo che le acque.”

SINTESI DEL DOCUMENTO A.N.B.I.

“RIDURRE IL RISCHIO, DIFENDERSI DALL’ACQUA”

L’allungarsi della catena di disastri territoriali, registrata nell’anno 2010 a causa di eventi meteorologici particolarmente gravi, ha posto in evidenza, ancora una volta, la drammatica situazione di vulnerabilità del territorio del nostro Paese, cui non è garantito un adeguato stato di sicurezza idrogeologica.

Si ricorda che uno studio del Ministero dell’Ambiente e del Territorio e del Mare attesta che il 9,8% del territorio nazionale è interessato da aree ad alta criticità idrogeologica, che riguardano circa 3 milioni di ettari.

Il Dipartimento della Protezione Civile nel dicembre 2010, unitamente a Legambiente, ha realizzato un’indagine nell’ambito di “Operazione fiumi 2010”, da cui emerge che oltre 3,5 milioni di cittadini (6% della popolazione) sono esposti al pericolo di frane o alluvioni. Si tratta di abitazioni, industrie, infrastrutture, perfino scuole ed ospedali costruiti in aree a rischio.

E’ stato calcolato che in 40 anni, dal 1950 al 1990, si sono persi oltre 8,5 milioni di ettari di suolo (un consumo medio annuo di 213.349 ettari); nello stesso periodo la popolazione italiana è aumentata di circa 9,2 milioni e le abitazioni di 68,7 milioni di vani; nei quindici anni successivi dal 1990 al 2005 si sono persi ulteriori 3,6 milioni di ettari (un consumo medio annuo di 244.202 ettari). In totale, quindi, una superficie di oltre 12 milioni di ettari pari alla somma delle superfici delle regioni Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria ed Emilia-Romagna. La popolazione è aumentata di 1,7 milioni e le abitazioni sono cresciute di 25 milioni di vani. In Germania dall’anno 1998 non è possibile “consumare” più di 11.000 ettari di suolo all’anno.

Gli eventi alluvionali del 2010 ed i relativi danni

Si ricorda che, in Toscana, la rottura di un argine del fiume Serchio ha causato l’allagamento di un’area agricola di oltre 2.000 ettari, comprendente anche una zona artigianale, due tratti della rete autostradale, la rete ferroviaria Genova-Livorno e la SS Aurelia nel tratto Pisa-Viareggio.

Sebbene l’area alluvionata sia rimasta circoscritta a zone agricole ed artigianali, si tratta di una zona a vocazione fortemente turistica, per cui l’ipotesi di rottura degli argini del lago di Massaciuccoli e la conseguente esondazione, nel periodo delle vacanze natalizie prima e di quello del carnevale di Viareggio poi, hanno causato un danno di immagine a tutto il territorio.

Nel complesso sono stati stimati danni per circa 500 milioni di euro:

* 150 nella provincia di Pisa (105 all’agricoltura, 10 alle famiglie e privati, 35 alle infrastrutture);

* 158 nella provincia di Pistoia (150 a vivai e serre, 8 a strade e fiumi);

* 156 nella provincia di Lucca (154 a strade e fiumi, 2 all’agricoltura).

I danni al turismo, prodotti dalla alluvione, risultano di difficile quantificazione: si è certamente avuta una flessione di presenze nella zona sia nelle strutture ricettive, sia nelle seconde case, pari a circa il 25%, oltre ai danni alle attività commerciali.

Nel dettaglio il danno al turismo è stato stimato in oltre 20 milioni di euro:

- Diminuzione di circa 5.000 presenze negli esercizi alberghieri e conseguente minor incasso di circa 5 milioni di euro.

- Diminuzione di circa 30.000 presenze fra seconde case di proprietà e turismo pendolare; quindi, minori consumi sul territorio per circa 10 milioni di euro.

- Significativa flessione delle presenze al Carnevale di Viareggio (dato non quantificabile).

- Costo per la rimozione straordinaria dei detriti e materiali depositati sulle spiagge in seguito alle piene dei fiumi (2 milioni di euro).

- Danno d’immagine al territorio e la perdita di nuovi clienti in termini di mancata fidelizzazione (dato non quantificabile).

In Calabria, nella notte tra il 3 ed il 4 novembre 2010, un forte nubifragio ha colpito la città di Crotone e provincia (in particolare i comuni di Cariati, Cirò Marina, Melissa, Strongoli e Isola di Capo Rizzuto); anche la piana di Gioia Tauro è stata colpita pesantemente. La stima dei danni è di 43,5 milioni di euro, di cui 27 milioni di euro relativi alle produzioni agricole e 16 milioni di euro alle infrastrutture.

In Liguria è scattata l’allerta per i fiumi e torrenti in piena: nelle province di La Spezia, di Genova e di Savona, compreso uno smottamento sulla linea Genova-Ventimiglia all’altezza di Bordighera, che ha causato un deragliamento che poteva concludersi con l’ennesima tragedia annunciata; dalle prime stime sulla quantificazione definitiva dei danni sembra si tratti di alcune decine di milioni, che si vanno ad aggiungere agli oltre 120 milioni causati dall’alluvione del 4 ottobre 2010.

Il Friuli Venezia Giulia è stato duramente colpito da fenomeni di dissesto idrogeologico, che hanno determinato danni per oltre 100 milioni di euro.

Nella regione Toscana, a dicembre 2010, si sono ripetuti fenomeni di particolare gravità nelle province di Massa Carrara e di Lucca; da una prima stima provvisoria i danni ammontano ad oltre 50 milioni di euro.

Nel novembre 2010 la drammatica alluvione in Veneto ha prodotto danni ingenti; i danni all’agricoltura nelle province di Padova, Vicenza e Verona sono stati stimati in oltre 5 milioni di euro mentre, in totale, i danni diretti e ad infrastrutture superano i 2 miliardi di euro.

Piogge straordinarie sono anche cadute sull’Emilia-Romagna, causando esondazioni, provocando gravi danni ad infrastrutture ed agricoltura, creando situazioni di grave pericolo tra Reggio Emilia, Modena e Mantova.

Eventi alluvionali di eccezionale gravità, con precipitazioni e piogge violentissime, hanno colpito nei giorni 8, 9 e 10 novembre 2010 anche diverse zone della provincia di Salerno, causando danni ingentissimi. Da prime valutazioni i danni ammontano ad oltre 300 milioni di euro.

Dalle prime stime quindi è di oltre 3 miliardi di euro l’ammontare complessivo dei danni subiti, nel solo 2010, nelle diverse regioni sopraindicate senza tener conto delle .gravi conseguenze sull’economia e sull’occupazione.

La prevenzione

L’Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni, già nel 2010, elaborò una serie di proposte, finalizzate alla riduzione del rischio idrogeologico allo scopo di offrire un valido contributo per un’azione di prevenzione perlomeno nell’ambito dei territori di competenza dei Consorzi di bonifica.

Si trattava di 1.365 progetti per un importo complessivo di 4.183 milioni di euro, per la cui realizzazione si proponeva una proiezione dell’impegno di spesa in 15 anni.

Gli accordi di programma

Va ricordato che la legge finanziaria 2010 ha previsto che le risorse assegnate per risanamento ambientale, con delibera CIPE del 6 novembre 2009 e pari a 1.000 milioni di euro, siano destinate a piani straordinari per la sicurezza del territorio del nostro Paese e per gli interventi aventi priorità assoluta, atti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico. Si è deciso di procedere alla loro utilizzazione attraverso accordi di programma con le Regioni, che contemplino il cofinanziamento regionale e definiscano la scala di priorità degli interventi, anche sentite la Protezione Civile e le Autorità di bacino.

Sono stati quindi stipulati, tra il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e le Regioni, accordi di programma, che individuano specifici interventi e le relative priorità, con un impegno complessivo di oltre 2 miliardi di euro tra finanziamento statale e cofinanziamento regionale.

La proposta complessiva, che ora proviene dai Consorzi di bonifica, per i territori di loro competenza, ammonta a 5.723 milioni di euro, riferiti a progetti quasi tutti cantierabili.

Proposte al 2011

Le azioni più urgenti da attuare risultano:

* sistemazioni idrauliche, regimazione di fossi e corsi d’acqua minori;

* rifacimento, risagomatura e ammodernamento delle reti di bonifica;

* realizzazione, adeguamento e rifacimento briglie ed altre opere di bonifica;

* sistemazioni idraulico forestali ed idraulico agrarie;

* ristrutturazione, ammodernamento, potenziamento delle idrovore esistenti e delle infrastrutture connesse;

* realizzazione nuovi impianti idrovori;

* manutenzioni straordinarie, espurgo di alvei e foci di corsi d’acqua;

* ripristino opere idrauliche danneggiate da eventi alluvionali;

* consolidamenti arginali, stabilizzazioni degli alvei e delle sponde;

* realizzazione, potenziamento dei bacini per la laminazione delle piene e delle vasche di espansione;

* ristrutturazione chiaviche;

* realizzazione canali scolmatori.

Si tratta ovviamente di indicazioni relative ad azioni per le quali vi è la competenza dei Consorzi di bonifica.

Il piano proposto, quest’anno, contiene 2.519 interventi per un importo complessivo di 5.723 milioni di euro.

Si è certamente consapevoli delle difficoltà connesse al debito pubblico, ma è indispensabile individuare soluzioni idonee per il reperimento delle risorse, anche attraverso una proiezione quindicennale dell’impegno di spesa, che potrebbe realizzarsi mediante mutui, secondo una soluzione già adottata nel recente passato.

Si tratta altresì di valutare, quali siano le possibilità di utilizzo dei fondi dell’Unione Europea, giacché l’approvazione della Direttiva 2007/60/CE sulla riduzione del rischio idraulico attesta una forte sensibilità a tale tema.

Bisogna inoltre tener presente che gli investimenti in questo settore acquistano specifica importanza anche sotto l’aspetto occupazionale.

L’importo suindicato di 5.723 milioni di euro può ritenersi consistente, anche se va tenuto conto che tale importo risulta irrisorio rispetto alle spese sostenute per tamponare i danni delle catastrofi idrogeologiche.

Si ricorda che il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi per la sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto sull’intero territorio nazionale è stato indicato dal Governo in 44 miliardi di euro, di cui 27 per il Centro-Nord, 13 per il Mezzogiorno e 4 per il settore del patrimonio costiero.

I soggetti: le sinergie istituzionali

L’ANBI, in data 14 luglio 2010, ha stipulato un protocollo d’intesa con l’ANCI, finalizzato alla collaborazione sul territorio tra Consorzi e Comuni.

Il piano proposto dall’ANBI riguarda le azioni rientranti nell’ambito delle competenze consortili ma che hanno bisogno, per un più efficiente risultato, degli interventi e delle azioni di competenza delle altre istituzioni locali, realizzandosi così il tanto auspicato “federalismo cooperativo”, che si basa su interventi concertati e condivisi con una forte cooperazione istituzionale tra i diversi soggetti, ciascuno per le proprie competenze.

Né può trascurarsi la necessità di una semplificazione delle procedure, pur nel rispetto della garanzia della legalità, introducendo termini perentori, qualora occorrano autorizzazioni ritenute indispensabili, utilizzando ampiamente l’autocertificazione.

E’ evidente che il contributo, che si intende offrire con le proposte oggi presentate, è certamente insufficiente rispetto alla necessità di un piano nazionale per la difesa del suolo, che non contempli soltanto azioni di manutenzione. A tal fine è necessario non solo disporre delle necessarie risorse finanziarie ma anche di programmi, piani e progetti, per i quali è necessario anzitutto definire il grave problema della governance del settore, tuttora retta da fasi transitorie, che attendono una regolamentazione definitiva ed organica.

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