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Everest apre Venezia 72

30/08/2015
Everest apre Venezia 72   Acune tra le immagini che vedremo il 2 settembre in anteprima a Venezia nel film di Kormàkur , fuori concorso , sono state girate nei 7mila metri quadrati sormontati da un fondale di 80 metri di larghezza , nell'enorme piscina del backlot a Cinecittà che anche Scorsese aveva utilizzato per ' Gangs of New York ' . Questa volta riproducono il campo base da cui partì la scalata all'Himalaya che nel maggio 1996 costò la vita a 9 scalatori , tra cui 2 guide . Le altre scene , in questa produzione della Universal in 3d da 60 milioni di dollari , sono state girate in Val Senales ed in Nepal. Tra i sopravvissuti di quella spedizione ci fu Jon Krakauer , alpinista e scrittore ( già autore del romanzo 'Nelle terre estreme ', da cui è stato tratto' Into the Wild ', girato da Sean Penn ) che fece un racconto drammatico e coinvolgente dei fatti in 'Aria sottile ', usato come fonte del film , insieme al libro di un altro sopravvissuto Beek Weathers ,' A un soffio dalla fine ' , oltre ad interviste ad altri sopravvissuti .

Il libro di Krakauer è un esame spietato di quello che avrebbe potuto essere l'ascensione del maggio 1996 . L'autore , che poco piu' che ventenne aveva già compiuto imprese notevoli nell'ambito dell'alpinismo , qui solleva la questione della sicurezza delle spedizioni composte da alpinisti tanto inesperti quanto danarosi , e mette in discussione le decisioni prese da tutti coloro che si trovarono sulla vetta quel giorno , compreso se stesso , offrendo un esame onesto e provocatorio delle motivazioni che stanno dietro alle ascensioni ad alta quota . L'autore sottolinea con lucidità che tentare di scalare l' Everest è un atto di per sè irrazionale , un trionfo del desiderio sul buon senso . " Chiunque prenda in seria considerazione questa idea si colloca quasi per definizione al di fuori della possibilità di una valutazione razionale , ed io sono salito sull'Everest pur sapendo di sbagliare. "

Da almeno 12 anni ad Hollywood si pensava ad un film sulla tragedia , con varie proposte ad altri registi interessati come Stephen Daldry , fino a che il produttore Tim Bevan , con l'idea di ' onorare i morti e rispettare tutti quelli che sono sopravvissuti ' , ne affidò la regia a quel Balthazar Kormàkur che nel 2008 aveva avuto una nomination per il miglior film straniero con The Deep , la storia dell'unico sopravvissuto di una nave da pesca affondata in acque ghiacciate , messosi in salvo dopo ore di nuoto nonostante il rischio di ipotermia .

Kormàkur è popolare nella sua natia Islanda quasi quanto Bjork . Ragazzo prodigio, già star teatrale ed attore , nel 2000 produsse il film da lui diretto , scritto ed interpretato '101 Reykjavick ' , con cui vinse il Discovery Award al Festival di Toronto . Nel suo secondo film come regista Kormàkur decise di esplorare il malessere del quotidiano nel drammatico 'The Sea' , del 2002 , incentrato su di una famiglia di pescatori in declino , che rivela la devastazione compiuta da un dispotico padre sui figli conniventi , con un approccio surreale e tuttavia imparziale verso i suoi personaggi profondamente abusati .

Everest , pur essendo un lungometraggio mozzafiato di sicuro impatto per il grande pubblico , non è solo un 'disaster movie' con stars di richiamo , ma pure un'analisi critica sull'alpinismo e le sue frequenti situazioni estreme non necessarie , ponendo lo spettatore di fronte a molti interrogativi che riguardano i valori personali e le priorità della vita . Il film suggerisce uno scetticismo di fondo nei confronti delle grandi spedizioni , ed il regista sottolinea come vada rifiutato nelle spedizioni qualsiasi elemento di competitività considerandolo un veleno per l'alpinismo puro. Kormàkur ci suggerisce come l'alpinismo debba essere uno strumento per raggiungere un fine , un'indispensabile competenza tecnica , mentre è l'esplorazione , l'osservazione del mondo , che può diventare presa di coscienza e conoscenza .



Mariateresa Crisigiovanni

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