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Sul fatturato in Italia, Facebook pagherà le tasse in Italia

13/12/2017
Sul fatturato in Italia, Facebook pagherà le tasse in ItaliaMentre in Italia la politica continua a discutere e i partiti a dividersi sul tema “se, come, quando” sia possibile imporre una tassazione ai colossi del web per gli enormi introiti che fatturano annualmente, ecco che Facebook annuncia unilateralmente la sua rivoluzione amministrativa. Il social network adotterà un nuovo modello organizzativo e una struttura di vendita locale nei Paesi in cui è presente un ufficio che fornisce supporto alle vendite nei confronti degli inserzionisti locali.
Semplice ed efficacie: i ricavi pubblicitari realizzati col supporto dei team locali non saranno più contabilizzati dalla sede internazionale a Dublino, ma dalla società presente in quel paese. Il cambio di struttura comporterà quindi che i ricavi contabilizzati in Italia saranno soggetti alla fiscalità italiana. L’importante annuncio è stato dato, ovviamente online nella newsroom del social network, da Dave Wehner, Chief Financial Officer di Facebook. Con grande semplicità il manager ha spiegato che: «Crediamo che cambiare verso una struttura di vendite locali fornirà maggiore trasparenza ai governi e ai policy makers che nel mondo hanno chiesto una maggiore visibilità sui ricavi legati alle vendite locali».

L’esempio Facebook potrebbe fare da guida per una legge da applicare a tutti i colossi del web

La clamorosa mossa arriva in risposta alle pressioni europee sui sistemi fiscali adottati dalle big del web Usa e coinvolgerà, oltre all’Italia, anche Germania, Francia, Spagna, Olanda, Belgio, Norvegia, Polonia. Svezia. Facebook punta a implementare questo cambiamento nel corso del 2018, con l’obiettivo di completare la transizione entro la prima metà del 2019.
«La scelta di Facebook – ha commentato Sergio Boccadutri, deputato e responsabile Innovazione del PDrappresenta il giusto approccio alla controversa materia del rapporto tra la regolazione dei mercati e la dimensione globale dei giganti del web. È quindi corretto affrontare la questione sotto il profilo della stabile organizzazione, diversamente ogni proposta di ‘digital tax’ che discrimina tra off-line e on-line, ha l’unico effetto di penalizzare imprese e utenti».

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