L'Orchestra d'Archi Italiana in scena a Rovigo
Da qui è nata l'esigenza di studiare un programma che ruotasse attorno a questa idea di restauro. Il concerto è composto sostanzialmente di due parti: una dedicata alla figura di Igor Stravinskij, il compositore che ha dato un volto moderno alla musica antica; la seconda alle figura di Giovanni Sollima, violoncellista e compositore palermitano, e a quella di Peter Sculthorpe, un noto autore australiano proveniente dalla Tasmania.
In apertura Tres Sacrae Cantiones di Gesualdo da Venosa, tre madrigali arrangiati da Stravinskij cui il recupero di tali forme canoniche di contrappunto si collega perfettamente alla moderna tecnica della musica seriale: per questo è considerata l¹ultima opera importante della tarda maturità stravinskijana. Il gusto politonale emerge anche dal successivo Concerto in re per archi scritto anch¹esso dal musicista russo: in questo caso il legame con il passato è il rifacimento dei concerti grossi di Arcangelo Corelli dove le originali parti dei soli vengono ora sostituite da due violini e dalle viole.
L'altra 'faccia' di questo concerto è costituita dallo Spasimo per violoncello, archi e percussioni di Giovanni Sollima. Tale brano era stato scritto per celebrare i lavori di recupero delle parti fatiscenti della Chiesa di Santa Maria dello Spasimo a Palermo, purtroppo mai ultimati: la suggestione nasce dall¹ispirazione agli altari, alle porte e ai quadri che dovevano essere posti in questa chiesa che alla fine è rimasta solo un cantiere. L¹autore, partendo dalla proiezione mentale di ciò che sarebbe stata la chiesa se fosse stata terminata l¹opera di restauro, ne ha ricreato musicalmente gli ambienti.
Altro pezzo che affonda le proprie radici nel passato è il Requiem per violoncello solo di Sculthorpe: come in tutta la sua produzione artistica, è forte anche il legame con la tradizione musicale aborigena. Una singolare fusione tra sacro e popolare caratterizza questa composizione: quando il testo del Requiem è in prima persona viene usato il canto gregoriano; quando invece compare la terza persona, Sculthorpe impiega la sua musica che nasce dai fascini e dai colori dell¹outback australiano uniti alla ritmica delle percussioni aborigene e dal suono vibrante ed emotivo del didjeridoo.
I presupposti sono quelli di un evento trascinante dove viene dato molto spazio all¹immaginazione che si deve orientare in un atmosfera magnifica e sognante. Gli interpreti non hanno bisogno di ulteriori presentazioni: maestri del suono. Sarebbe un incubo mancare.
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