Quasi 12 miliardi di euro, per la precisione 11,5, è il costo annuo per il Veneto della mancata attuazione del federalismo fiscale. Una somma ingente, che esce dal Veneto e va dritta, assieme ai soldi di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana e Marche, a ripianare i disavanzi finanziari delle regioni “in rosso”. Lo rende noto la ricerca “I costi del non federalismo – Confronto tra Veneto, regioni italiane ed esperienze di decentramento in Europa”, realizzata dall’Unioncamere regionale e finanziata dalla Regione Veneto e dall’Unione Europea, che fornisce una panoramica dettagliata sulle conseguenze economiche e sociali derivanti da un sistema non ancora del tutto federale. Se infatti, nel 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione si è avviato un processo di decentramento politico-amministrativo, che ha affidato alle Regioni competenze di prim’ordine, quali la sanità, l’istruzione pubblica e la sicurezza, in materia di fiscalità c’è stato invece uno stallo che non permette alle amministrazioni decentrate (cioè Regioni, Province e Comuni) di essere autonome, strette tra i vincoli del “Patto di stabilità” per risanare le finanze pubbliche ed i flussi di perequazione verso le altre regioni. Come emerge dalla ricerca di Unioncamere del Veneto, il drenaggio che lo Stato preleva dal Veneto e che corrisponde a circa duemilacinquecento euro per abitante, può essere considerato un mancato investimento sul territorio in termini di infrastrutture e trasporti locali, di tutela dell’ambiente, di sanità ed assistenza sociale: la spesa cioè delle amministrazioni locali potrebbe raddoppiare a parità di pressione fiscale.
Con il “federalismo compiuto”, obiettivo che accomuna tutte le forze politiche venete e che è stata considerata una necessità improcrastinabile anche dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nella sua recente visita in Veneto, rimarrebbe in piedi la perequazione verso i territori con minor capacità fiscale ma sarebbe regolata da una logica di “sana competizione”, com’è definita all’interno della ricerca, che consentirebbe alle Regioni di primeggiare per maggior efficienza e responsabilità amministrativa. E se questo modello di federalismo competitivo fosse una strategia messa in atto dalle regioni “ricche” per sfuggire ai meccanismi perequativi?
I dati di Unioncamere, ancora una volta, vengono in soccorso al Veneto: la regione, definita il “cuore pulsante del Nord Est”, ha un tasso di partecipazione fiscale che supera il 60%, sette punti sopra la media nazionale, ed un tasso di evasione rilevato, che si calcola dal rapporto tra i contribuenti ed i potenziali percettori di reddito, vicino al 90%, cinque punti al di sopra della media complessiva. Dati che, smentirebbero anche quanti vedono il Veneto come il territorio che, più di ogni altro, non adempie agli obblighi fiscali verso la collettività.
Francesca Delle Vedove