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Fumo di sigaretta e patologie respiratorie

30/06/2009
Le malattie legate al fumo di sigaretta sono sempre più frequenti. È ovvio che il nostro pensiero corre subito al cancro come conseguenza più grave. Pochi sanno che, altrettanto grave, anche se molto meno conosciuta, è la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO). Questa patologia, che è già oggi la quarta causa di morte nel mondo, diventerà a breve la terza ed è l’unica malattia cronica per cui le proiezioni future non indicano una regressione, ma un allarmante aumento. Si tratta di un’ostruzione delle vie aeree provocata principalmente dall’inalazione del fumo di sigaretta, ma anche l’inquinamento ambientale può essere una concausa della malattia, soprattutto nei paesi industrializzati. Tuttavia, a parità di fattore di rischio, ovvero in presenza di una uguale quantità di sigarette fumate al giorno, solo alcuni fumatori (circa il 20%) sviluppano BPCO e la malattia può avere manifestazioni molto diverse: alcuni soggetti lamentano sintomi lievi, principalmente tosse e catarro, che rimangono tali per tutta la vita, mentre in altri compare precocemente una grave mancanza di respiro che porta all’insufficienza respiratoria.

Un articolo scritto dalla professoressa Marina Saetta, Direttore della Clinica Pneumologica dell’Università di Padova, in collaborazione con i professori Manuel Cosio (McGill University, Montreal – Canada) e Alvar Agusti (Fundacion Caubet-Cimera, Mallorca – Spagna) e pubblicato in questi giorni sulla prestigiosa rivista «The New England Journal of Medicine» propone una nuova interpretazione sulle cause della BPCO che, da un lato stravolge le ipotesi fatte fino a oggi, e dall’altro apre nuove possibili vie di cura. Lo studio, ponendo al centro delle cause un “difetto” nel funzionamento del sistema immunologico di alcuni fumatori, ribalta l’idea classica della letteratura medica in materia che sosteneva che ci fosse un danno diretto del tessuto polmonare senza coinvolgimento del sistema immunitario.

Come mai non tutti i soggetti sviluppano la malattia nello stesso modo?

«Il danno polmonare indotto dal fumo di sigaretta produce una risposta infiammatoria in tutti i fumatori – sostiene la professoressa Saetta – e questa libera nei polmoni dei frammenti di tessuto, per esempio dalle fibre elastiche che vengono degradate. Abbiamo notato come, nei fumatori che hanno difese immunologiche efficienti, questo danno iniziale venga tenuto sotto controllo. In sostanza, queste difese agiscono da sentinelle impedendo al danno polmonare di degenerare, e quindi alla malattia di progredire. Nei pazienti più gravi invece questo controllo non avviene. Succede così che si inneschi un meccanismo di risposta immunologica verso alcune componenti del tessuto danneggiato, che diventano degli antigeni combattuti da anticorpi o da linfociti T. Accade quindi che il nostro organismo aggredisca se stesso, connotando così la BPCO come malattia autoimmune.»

Questa ipotesi parte da lontano. Giovane dottoressa neolaureata Marina Saetta iniziò ad avvicinarsi al problema nei laboratori della McGill University di Montreal, sotto la direzione del Prof. Cosio. Come tutte le ricerche serie ed approfondite anche questa ha avuto bisogno di lunghi anni di studio e lavoro per concretizzarsi. Ora che il traguardo appare più vicino, il cerchio si sta chiudendo, ed è il Prof. Cosio che ha deciso di lavorare a Padova come Visiting Professor con il gruppo di giovani ricercatori coordinato dalla Prof.ssa Saetta, una collaborazione che è per tutti una possibilità di sviluppare nuovi progetti. Per esempio, chi è affetto da BPCO ha un maggior rischio di sviluppare tumore del polmone: capire i meccanismi di interazione tra queste due malattie sarà l’oggetto degli studi futuri per aprire nuove strade alla conoscenza.

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