Confartigianato Veneto: 8.800 posti fissi in meno (-4,4%)
Adesso, però, la crisi è arrivata anche per le aziende artigiane; e il tributo pagato è pesante, in termini occupazionali. Nei primi sei mesi del 2009 i dipendenti sono calati del 4,4%, in base allâindagine congiunturale realizzata semestralmente dalla Confartigianato del Veneto elaborando le informazioni relative ad oltre 50 mila cedolini paga gestiti dalle Associazioni/Unioni provinciali, (pari a circa un quarto dei dipendenti totali regionali): âVuol dire che abbiamo perso quasi 9 mila posti di lavoro nei primi sei mesi, a livello regionale âspiega il presidente della Confartigianato del Veneto, Claudio Miotto- Sono posti di lavoro che si sommano al calo numerico delle imprese attive, che nei primi sei mesi è stato dellâ 1,4%, per circa 2 mila unità . In totale, fanno quasi 11 mila posti di lavoro in meno, sui quali poca attenzione câè stata da parte di mass media e politica. Siamo allâ emergenza, e da questo dato di fatto occorre partire, per dare finalmente risposte rapide e strutturali, perché ci sono interi settori nei quali numero di imprese e dipendenti stanno crollandoâ.
Il calo degli occupati, nellâartigianato veneto, si concentra nelle attività produttive: meno 5,1% nel legno, meno 6,1% nel tessile- abbigliamento- calzaturiero, meno 6,3% nel vetro- ceramica, meno 6,9% nella meccanica, addirittura meno 8% nellâ edilizia. Un crollo, più che un calo. Un crollo che si verifica in settori che sono tradizionali punti di forza dellâ artigianato della regione. Fa eccezione solo il comparto alimentare, con una crescita di 5,3 punti. I servizi, invece, arretrano molto poco: meno 1,2%.
A perdere il lavoro sono soprattutto gli apprendisti: meno 41,5% per quelli sotto i 18 anni, mentre quelli âultradiciottenniâ fanno registrare un meno 8,0%. Quanto agli operai, la diminuzione è stata di 4,2 punti, soprattutto tra le donne (meno 8,4%), visto che molti dei settori in crisi sono ad alto tasso di occupazione femminile. Altro segno della crisi: contrariamente a quanto avveniva in passato, il calo dellâ occupazione è stato forte soprattutto per i lavoratori stranieri (meno 7,5%, mentre per gli italiani si è fermato al 3,4%.
Per le imprese, la maglia nera delle chiusure vede in testa il legno (meno 3,4%), seguito da vetro e ceramica (meno 3,3%) e dalle manifatture varie (meno 3,1%). Le aziende meccaniche sono diminuite di 2,4 punti.
âEâ evidente che i provvedimenti congiunturali, i pannicelli caldi, non bastano. Non possiamo attendere che la crisi passi, perché per allora il nostro settore si sarà enormemente impoverito, con un concreto rischio di marginalità , e quindi di incapacità di agganciare unâeventuale ripresa âcommenta Miotto- Occorrono interventi strutturali e in profondità : nellâapprendistato ad esempio, dove gli artigiani spendono per formare personale 103 milioni di ore a livello nazionale. Quanto al credito, i nostri livelli di sofferenze sono modestissimi, migliori di quelli delle famiglie, ma veniamo trattati in banca come se fossimo ad altro rischio. Anche qui, occorrono fatti, non parole. E poi ci sono le infrastrutture che non funzionano, sono un costo più che un volano per la crescita economica. E la burocrazia: finora troppo poco è cambiato, ogni operazione è un percorso ad ostacoli. Qui occorre un cambiamento fortissimo, in tempi brevi, perché la burocrazia rappresenta per noi un costo alto e un forte ostacolo ad intraprendere. Infine, le tasse: è ora di passare dalle parole ai fatti, un settore e unâeconomia in crisi non possono reggere i livelli di tassazione attuali. Quindi occorrono interventi rapidi, incisivi, in profondità , che sono possibili solo modificando davvero la struttura della spesa pubblicaâ.
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