Disperazione di molti artigiani: necessità di patto etico
“Non possiamo non pensare –afferma Miotto- che alla base della disperazione diffusa ci siano anche i 600 milioni di euro (valore stimato dal nostro ufficio studi sulla base di mille interviste ad altrettante imprese manifatturiere ed edili) che le imprese artigiane venete “avanzano” dai propri committenti tra ritardi di pagamento e insoluti. Soldi che avanzano soprattutto imprese manifatturiere che lavorano in subfornitura per prodotti già consegnati, per lavori già effettuati. Che però i terzisti non riescono ad incassare. Non possiamo non pensare agli ultimi vent’anni di delocalizzazione selvaggia affiancata, oggi, da una forse più subdola concorrenza sleale, quella dei laboratori cinesi ai quali committenti “disinvolti” portano le lavorazioni non curanti delle condizioni terribili in cui quelle lavorazioni avvengono”.
“Se a questa degenerazione nei rapporti tra imprese –prosegue Miotto- sommiamo i ritardi e l’inefficienza della giustizia, una burocrazia poco amica, uno Stato avido nel prendere e parco nel restituire, un sistema bancario “poco attento”, abbiamo un quadro completo della barbarie economica contro la quale lottano quotidianamente i nostri colleghi. Qualche volta purtroppo, soccombendo”.
“Condivido e rafforzo l’appello agli imprenditori in difficoltà, già fatto da altri rappresentanti di organizzazioni imprenditoriali, di non cedere alla solitudine, di non “vergognarsi” e rivolgersi con fiducia alle Associazioni artigiane. E’ doloroso per noi aver lavorato per creare una “rete” di tutele, aiuti, salvaguardie e strumenti concreti e non riuscire però ad intercettare, quando necessario, le situazioni di difficoltà. Mentre –conclude Miotto- in merito a cosa fare di più, colgo con favore l’dea di un tavolo regionale permanete, e diversi territoriali suggerirei, di dialogo effettivo ma ad una condizione. Che abbia l’obiettivo principale di stringere un nuovo patto etico per l’economia”.